martedì 24 aprile 2007

Il codice dei Wooster



Scusate se mi sono assentato ancora per lungo tempo.
Questa volta non è stato per lavoro, nè per distrazione.
E' stata una moderazione di un commento, che ha prosciugato le mie ore rimanenti. Non lo vedrete pubblicato per il tono, non per le idee - ho chiesto che venisse cambiato il primo, mantenendo le seconde, ma non c'è stato verso.

Mi dovrei sentire come un vecchio e rompiballe Catone?
Ma no, si tratta di far valere dei codici di comportamento, come è capitato già in altri momenti nella storia dell'umanità, importanti almeno quanto questo blog.

I cavalieri (almeno quelli della letteratura) avevano un codice d'onore, per esempio.
Non possono essere descritti senza caratterizzarli sulla base del loro impegno in questo senso.
Non è un caso che in AD&D i paladini debbano essere lawful good.
Qualcuno potrebbe citare il comportamento non immacolato di Lancillotto, ma sarebbe troppo facile ricordare che basterebbe l'estrema purezza di Galahad per bilanciare quello scivolone.

E non taceremo certo Cyrano (guascone e non cavaliere, ma è di codici di comportamento che stiamo parlando) e la sua limpidezza:

E quando a sera entrerò in quel di Dio, spazzerà il mio saluto l'azzurro
sfavillìo e offrirò, con l'orgoglio che mai macchiai né macchio, l'indomita
purezza del…
[ROSSANA: Del...?]
... mio pennacchio [Muore]
(dalla traduzione di Oreste Lionello, usata per doppiare un grandissimo Gerard Depardieu).
Per non parlare del codice dei Wooster.
Via, davvero non sapete cosa sia? Mi prendete in giro?
Al contrario, conoscete tutto del codice di condotta dei blogger a cui sta lavorando Tim O'Reilly? E stavate pensando che è a quello che mi volevo riferire? (ma per chi mi prendete?)

Non penserete di poter andare avanti così ancora per molto, vero?
Se volete parlarne, prima che sia troppo tardi, continuate a leggere e usate i commenti, che sono sempre abilitati, per farvi sentire.




Fu allora che madonna gli disse: "Hai gli occhi belli
vorrei che accarezzassi stanotte i miei capelli"
Fu allora che rispose: "Grazie madonna no!
Io sono un cavaliere e il re non tradirò"
E a lei non valse niente comprare la memoria
di sentinelle e servi mandati a far baldoria
[...]
E a lui non valse a niente il sangue sui castelli
Rocroi, la spada e il sole sul viso nei duelli
quando sentì di dire di dover dire sì
con un cavallo e l'acqua fu cacciato di lì.

[Vecchioni, La leggenda di Olaf]

Vecchioni scrive di cavalieri, sogni e valore, e li contrappone ad ubriachi, realtà e comportamenti discutibili.
Li interpreta con straziante ironia: come Petrarca, è lacerato da questi (e altri) dualismi interni.
Ma il codice morale è per lui comunque prioritario e irrinunciabile, alla fine.

Come lo è per il Cavaliere inesistente di Calvino, animato dalla volontà e dalla purezza rappresentata dalla sua armatura tutta bianca; solo una righina nera correva torno torno ai bordi (la righina nera è una piccola macchia sul comportamento immacolato o è il confine oltre il quale il bianco non riesce a spingersi?)

Che dire del comportamento impeccabile dei cavalieri Jedi? (non quelli che abbracciano il lato oscuro, ovviamente). Anche se mi piacciono molto, non sono un tale fan della serie cinematografica da ricordare le battute a memoria: posso solo avanzare vaghe rimembranze di un codice quasi filosofico/religioso, ma non ricordo accenni espliciti a mantenere un certo tipo di comportamento. Credo, comunque, che se immaginassimo un codice di cavalleria anche per i Jedi non ci attireremo sguardi oscuri e perplessi da parte di nessuno.

Anche le persone normali, spesso, ne seguono uno.

Bertie Wilberforce Wooster non è una persona normale.
A partire dal secondo nome (Wilberforce: ho sempre pensato che Wodehouse si vendicasse sui suoi personaggi per essere stato chiamato Pelham Grenville: non deve essere stato facile a scuola, da piccolo).

Bertie è un signorotto che vive di rendita, ma è anche un discendente di un cavaliere che ha fatto la sua parte alle Crociate.
E si sente fortemente vincolato dal codice d'onore cavalleresco che gli deriva dal suo antenato.
Al punto di non poter rifiutare una richiesta di matrimonio (in realtà, solitamente svariate richieste di matrimonio, tipicamente tutte assieme) generata da giovani bellissime insopportabili donne che gli chiedono di sposarle solo per ripicca nei confronti del loro ex.

Vorrebbe rimanere un eterno scapolo, ma il codice è il codice e non si può fare soffrire una ragazza.

Quando segui simili regole, sei costretto ad accettare anche se il loro ex, chiaramente almeno pugile dilettante della dimensione di un armadio a quattro ante, ti farà a pezzi, per poi camminare sui resti con gli scarponi chiodati.
E fortuna che c'è Jeeves, il maggiordomo per antonomasia (quello che ha dato il nome al motore di ricerca Ask Jeeves). Jeeves sa tutto, cita Shakespeare, la Bibbia ed altri classici come se piovesse, sempre in modo appropriato e senza bisogno di Internet per avere conferme. E sa usare tutta la sua brillante intelligenza per togliere dagli impicci il povero Bertie.

Visto che non lo conoscevate, vi tocca pure, dopo la spiegazione data sopra, sentire cosa vi siete persi finora, non leggendo Wodehouse, dalla viva voce (?) di due grandi autori:

Quella di Wodehouse è pura musica in parole [...] Non ha bisogno di essere serio, perchè è al di sopra di queste distinzioni. E' nella stratosfera delle grandi creazioni umane, al di sopra della tragedia e del pensiero forte; è la dove troviamo Bach, Mozart, Einstein, Feynman e Louis Amstrong: nel regno del puro gioco creativo.[Douglas Adams - Dall'introduzione a Sunset at Blandings, leggibile, in italiano, ne Il salmone del dubbio di Douglas Adams - a proposito, mi hanno detto che quando Windows Vista si spegne, cita un libro dell'autore della Guida Galattica]

Cosa si può dire di Wodehouse? Esaurisce i superlativi. Non sono il solo a credere che lui sia arrivato più di ogni altro scrittore inglese ad avvicinare la completa padronanza e trascendenza del linguaggio di Shakespeare.[Stephen Fry]

Ora che lo sapete non potete perdervelo: iniziate da qualche libro su Jeeves, o da Zio Fred in primavera (che è il mio preferito, anche se non parla di Jeeves, ma del Castello di Blandings).
Fermi lì, dove state andando? Era ovvio che dovrete iniziare dopo aver finito di leggere questo post.

Pochi sono gli esempi di cavalleria che potremmo citare nei nostri giorni (i TG parlano spesso del cavaliere, ma non è usato nel senso inteso in questo post).

Ma ecco che, quando da tempo, come il Don Chisciotte di Guccini, potremmo dire che di eroici cavalieri non abbiamo più notizia, Aramis (guardate la foto piccola a sinistra sul suo blog e ditemi se sono io che me lo immagino perchè sono troppo immerso in questo testo o se non è davvero lui, come tutti lo avete sempre immaginato - ma che razza di obiezione è ma che Aramis, non vedi che è in t-shirt?, scusate?) arriva a proporre questo suo codice.

E' ancora in Draft, in piena discussione.
Pensando al recente impegno di questo novello campione della morale, non riesco a fare a meno di immaginarmi i Templari, che discutono il draft del loro codice di cavalleria, dopo aver passato il giusto periodo di pubblicazione sul W3C: 'no, dai, il suo cuore conosce solo la virtù no... suona un po' troppo enfatico, rimaniamo sui fatti, la spada che difende i bisognosi, l'ira che si abbatte sui malvagi...').

Va beh. Già che ci siamo diciamo due parole su questa proposta e sulle prime lezioni che dice di aver imparato.
Intanto chiariamo subito che, come a molti di voi, non mi piace la stella dello sceriffo (ma non ho ben capito se sia già stata cassata: poteva risparmiarsela e l'ha capito da solo). Dietro ai loghi di questo tipo ci sono valorizzazioni marketing e commerciali, che possono sfociare in creazioni di nuovi bisogni e corrispondenti servizi, simili, per fare un esempio, alle certificazioni di qualità. Insopportabile, comunque, almeno per me, che insista (forse anche perchè penso che cerchi di vendermi qualcosa che non esiste, come se fosse un pezzo di terra in Second Life).

Una cosa è gradire qualcosa, un'altra è addirittura indignarsi per simili stemmini, come dice sia emerso dai commenti che ha ricevuto: si indigna giustamente anche lui, di rimando: che senso ha? stelle di sceriffo ne mettiamo tutti, con disclaimer e con meccanismi di moderazione vari...

Concordo, invece, sul bel suggerimento del meccanismo di voto per indicare un commento inappropriato, che lo nasconde, ma non lo cancella (ci sono piattaforme per i blog che già lo fanno? Voi che usate splinder o wordpress...). Sarebbe stata la mia scelta preferita, nel caso citato nell'abstract di questo articolo.

Qui credo finisca la mia empatia con O'Reilly su questo discorso. Proviamo, comunque a riassumere i vari punti della proposta iniziale:
  • Responsabilità per le proprie parole e per quelle che permettiamo nei commenti del blog: elenca alcune casistiche e su una parte non si può che essere d'accordo (comuque dovrebbero essere comportamenti già sanciti per legge, almeno in Italia - diffamazioni, infrangimenti di copyright, obblighi di segretezza violati, violazioni di privacy). Ma il contenuto inaccettabile, nonostante la lista, è fin troppo poco chiaro e destinato ad una interpretazione soggettiva. Come formalizzare in un codice tali aspetti? Inoltre il contenuto e la sua forma sono due cose differenti: le idee, almeno a parer mio, non dovrebbero essere fermate, ma solo espresse civilmente: quelle a noi opposte non potranno che farci crescere
  • Non diremo nulla online che non diremo di persona: è un po' eccessivo. Se lo si fa rientrare nel punto precedente (ma allora diventa inutile), potrebbe anche essere sensato, ma in senso assoluto impedisce certi tipi di approcci che sono proprio tipici del mezzo.
    Senza esagerazioni.
  • Ci metteremo in contatto privatamente, prima di rispondere di persona: e come caspita si fa? A parte il non conoscere le info di contatto dell'interlocutore, nella maggioranza dei casi, ma che razza di carico ci si rischia di sobbarcare? O'Reilly avrà anche una redazione di supporto, ma voi e io, che già impegnamo le nostre nottate per poter scrivere queste due righe? (smettetela di fare ironia sul conteggio dei miei accessi, l'impegno sarebbe notevolissimo). Ben volentieri laddove sia importante, interessante e possibile (come nel caso che mi ha impegnato così tanto e che citavo), ma un impegno così profondo non è alla portata di tutti. Tim, hai forse paura della mia concorrenza?
  • Prenderemo delle azioni se qualcuno attacca un altro in modo ingiusto: qui potremmo dargli anche ragione - la spada che difende i bisognosi, l'ira che si abbatte sui malvagi. Resterebbe sempre il dubbio della definizione di un attacco ingiusto, ma è quanto facciamo con le moderazioni ai commenti. Solo che, con la stella dello sceriffo sul petto, potremmo essere apostrofati per non aver fatto il nostro dovere da chi ha una visione diversa dalla nostra. E aumenterebbero ancora di più gli sforzi di moderazione, in un loop che potrebbe non finire.
  • Non ammetteremo commenti anonimi: o bella, perchè mai? Una volta attivata la moderazione, perchè non permettere i commenti anonimi? Ne parla anche lui nelle 'lezioni imparate', ma insiste... A mio modo di vedere servono per permettere ai più timidi ed insicuri di far sentire la propria voce: rientrano, quindi, nella difesa dei deboli
  • Ignoreremo i trolls: sarà anche un metodo per liberarsene, ma personalmente ritengo che sia meglio parlarci. Non necessariamente direttamente sul blog. Non lasciando via libera agli insulti. Uno svantaggio: aumento dell'impegno necessario, come in un punto precedente. Vero, allora cogliamo il suggerimento e lasciamoci aperta la possibilità di ignorarli quando siamo sommersi dal lavoro.

Il vero punto, a mio parere, è che un codice non va scritto e condiviso, ma va vissuto, sentito, interiorizzato.
Come il codice dei Wooster: non troveremo mai il foglio con l'elenco dei punti da seguire, perchè è un modo di vivere e di comportarsi (l'esistenza dell'antenato, solo una scusa).
O, al limite, come l'Olaf di Vecchioni, che supera il vincolo formale facendolo proprio.

Mettere le stelline sul proprio blog sarebbe come scrivere da soli il proprio nome nella lista dei buoni, alla lavagna: non serve a nulla se non li siamo davvero, anzi.

Bye
    Depa

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martedì 17 aprile 2007

Giochiamo



Second Life. Vita alternativa. Fuga dalla realtà. Realtà ricostruita. Nowhere place in cui abbiamo il coraggio di rischiare, perchè non perdiamo nulla. Nowhere man. Incontri. Giochi.
L'homo ludens ha bisogno di estraniarsi. Recupera tempo al lavoro e, al posto che spenderlo nella vita, gioca.
Un po' come me, con questo blog, quanto sto giocando?
Avremmo ben altre cose più importanti da fare.
Esistono obiettivi assoluti e, invece, perdiamo tempo a giocare.

Siccome continuo ad essere adamantino nella mia ricerca di tali obiettivi e non mi lascio distrarre da nulla, non gioco mica, io.

Mi diverto di più a programmarli, i videogiochi.
Dopo il lavoro, per estraniarmi dall'informatica.



Da piccolino, correva l'anno (scolastico) 1982-1983, iniziai a programmare.
Seguii un corso, consigliato da un compagno di classe.
Ai tempi i PC non erano diffusi. Quasi non esistevano.
Infatti, io immaginavo di trovarmi di fronte ad una specie di armadio, con tante lucine colorate, bocche metalliche da cui doveva uscire un rotolo di carta, nastri che continuavano ad avvolgersi ininterrottamente.
Un po' come il computer di Spazio 1999 (mi piaceva, l'ho visto di recente, che tristezza...).

Invece no. Un VIC 20. 1,5K di RAM.
Un corso impostato molto bene: flow-chart fin dal primo giorno (e che altro volevate, con 1,5K? Più si sta lontani dal televisore - non monitor, televisore -, meno se ne vedono i limiti).

Alla fine ero convinto di saper programmare.
I miei cedettero e mi comprarono uno Spectrum (ma davvero, chiesi ai miei insegnanti, può arrivare a 48K? Con 8 colori e con i suoni? E il controllo sul singolo pixel? Beh, se c'è scritto su Byte, sarà vero).

Cosa fa un ragazzino che sa programmare, con il suo nuovo PC? Si programma Pac-Man, ovviamente.
Scoprii che non sapevo programmare.
Ci persi dietro tutta l'estate, per imparare a farlo (beh, insomma...).
Ben prima della fine dell'estate il mio Pac-Man aveva 5 livelli e 1 fantasma che mi inseguiva con cattiveria inusitata (al livello 5 mi mangiava in 7 secondi, alla faccia della giocabilità).

Programmai anche un gioco di una rana che stava su una foglia e doveva cercare di saltare, mangiarsi gli insetti che passavano, senza essere divorata da un improbabile uccello (rappresentato da 3 asterischi, lo ricordo ancora) e senza cadere in acqua.

Tradussi un bellissimo gioco che trovai su un giornale (in inglese) scritto per lo ZX81.
Mi insegnò che si possono creare n stanze, completamente differenti ogni volta che si gioca, completamente identiche ogni volta che si entra e si esce all'interno della stessa partita, dovendo memorizzare un solo byte di informazione.
Il seed della funzione random, ovviamente.

L'anno dopo, per riuscire a programmare un videogioco di corse di automobili, con scrolling verticale della strada, fui costretto ad imparare l'assembler dello Z80.

L'anno dopo lessi il famoso testo di Hofstadter sull'AI e persi la testa (ma questa è un'altra storia).

Non ho mai smesso, però, di programmare videogiochi, per divertimento.

E solo perchè non mi lasciano farlo per lavoro: non avete idea di quanto mi piacerebbe poter essere responsabile di un progetto simile, della durata di 5 anni, con un team di 20 persone, con background culturali e talenti totalmente differenti.

E, marketing o non marketing, se funziona o no, se piace o no, lo si capisce.
Perchè la programmazione di videogiochi, ha dentro grandi complessità.
Enormi complessità logiche.
E' una sfida continua. (il fatto che la vincano sempre loro è un'altra questione).

Ovvio che, ancora oggi, sia interessato dalla notizia dell'uscita dalla beta di uno YouTube per i videogiochi, che si chiama Kongregate.
Ovvio che sia deluso: ma si può, accettare solo videogiochi in Flash? I primi in cui mi sono imbattuto avevano pure una grafica da sito.
Che tristezza.

Tanto per tanto, quasi mi divertirebbe di più partecipare alla comunità di GameMaker.
GameMaker, oggi arrivato alla versione 7, è un simpatico strumento, creato da un professore universitario (o dalle tesi dei suoi studenti?), che permette di sviluppare giochi semplici in modo semplice, senza programmare (seguendo un modello ad eventi e utilizzando delle iconcine, come comandi), e giochi più complessi programmando (ad oggetti, con qualche limitazione).
Ne esiste una versione free, con un po' di funzionalità disabilitate, ma con quelle abilitate si possono già fare cose serie.
E tra quelle abilitate ne troverete una che permette di postare il vostro gioco sul sito della community.

E' famoso, GameMaker. Mi ha fatto divertire, fin dalla versione 5. Se programmare con lui è un po' come giocare a Tetris, a me serve qualcosa di rapportabile ad Oblivion (per la mia rabbia enorme mi servono giganti avrebbe detto Cyrano - va beh, Oblivion forse è un po' troppo, non ho così tanto tempo libero da dedicare alla programmazione di videogiochi, ma spero abbiate capito il concetto).

Fortuna che c'è Java e, soprattutto, che c'è un altro professore, Andrew Davison, che ha pubblicato online le primissime versioni di un suo bellissimo libro: Killer Game Programming in Java.

Che inizia spiegando che è ora di piantarla di dire che serve per forza il C, per andar veloci.
Che scrive una appendice che spiega cosa cercare, quando si scava nella Garbage Collection.
Che prosegue spiegandovi tutto sui timer di Java (con fare universitario, quindi esagera pure).
Che vi porta a fare, passo passo, in nemmeno 12 capitoli, giochi in 2D, come applicazioni (full screen e windowed), applet e Java Web Start.
Con una pretesa di framework (termine un po' eccessivo, nel caso specifico), con musica, side scrolling, Sprite.
Fino ai giochi isometrici tile-based.
Il tutto condito con diagrammi UML, così se non sapete progettare e programmare, lo imparate (scherzo: se non sapete programmare e progettare non riuscite neppure a leggerlo, questo libro).

Per chi sopravvive ai primi capitoli (non dovrebbe essere impossibile), ce ne sono molti di più sulla programmazione con Java3D (con chicca sulla generazione di alberi che crescono).
Per chi regge anche questi (non è da tutti), ci sono i capitoli sui controlli di input non standard (dalla Webcam, al Gamepad, al controllo del braccio dell'omino del videogioco con il nostro braccio destro, al guanto per la realtà virtuale, che certamente avrete tutti a casa).
E poi, JOGL (wrapper attorno ad OpenGL), giochi in rete, J2ME, Bluetooth, Mobile3D.
Serve altro?

Consigliato a chi pensa di conoscere Java.
Me compreso.

Bye
    Depa

P.S.: comunque potrebbe essere interessante mettersi a fare un framework che frulli assieme dei tool simil-GameMaker con le possibilità evidenziate dal testo di Davison...

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mercoledì 11 aprile 2007

Soldi facili



E' un periodo che continuo ad inciampare in articoli che spiegano come far rendere economicamente un blog. C'è un tale Pavlina che sostiene di essere riuscito a monetizzare circa $4 al giorno dopo 6 mesi, $3000 al mese dopo 15 mesi e, in un crescendo wagneriano, fino a $1000 al giorno dopo 19 mesi.

Chi, come voi, mi segue assiduamente, sarà leggermente frastornato dopo le posizioni prese in Keep in Touch.
Il Depa, vi starete dicendo, dopo aver colto i veri valori della vita, sta decadendo verso argomenti vili e materiali.
Ancora domenica, insistete, parlava di religione e oggi cosa mi fa?
Non si possono seguire due padroni, no? Alla faccia della coerenza.

Calma, calma. Il grillo parlante ce l'ho già, nella mia testa, senza che vi mettiate in fila pure voi.
A spingere, pure.

Facciamo così: io, come al solito, scrivo, di seguito, il corpo di questo post.
Voi e la mia coscienza, se ne avete voglia, continuate a leggere e, se avete qualcosa da ribattere, scrivetela nei commenti, al posto che borbottare come fate sempre.



Se state leggendo queste righe vuol dire che le mie toccanti parole dell'abstract hanno fatto breccia nei vostri cuoricini. Lo si capisce perchè gli occhi sono lo specchio dell'anima e sulle vostre iridi vedo ancora stampata la scritta $1000 al giorno (al giorno va a capo, perchè non ci sta, su una sola riga, sull'occhio, ammesso che non siate cinesi).

Immagino che i più attenti di voi abbiano anche considerato che un blog è attivo per 365 giorni all'anno. Quelli più saggi avranno anche impostato la tara e, sapendo che nei weekend l'accesso è circa la metà rispetto ai giorni feriali (chi gestisce una azienda si tranquillizzi, ci sono dei picchi al mattino presto e prima e dopo il pasto, durante le altre ore lavorative è decisamente ridotto - va beh, qualche pausa caffè...), avranno calcolato che non è che sia poi così male un ricavo di $300.000 (trecentomila) circa, all'anno...

E come caspita si fa?

Beh, intanto, certo non con gli accessi che ho io al momento...

Poi, probabilmente, siccome è evidente che esisterà una qualche proporzionalità con il numero di unique visitor, sarebbe utile scrivere in inglese: facendo le dovute proporzioni tra lettori inglesi e italiani a quanti euro potrei puntare? Mi converrà rimettermi a studiare inglese (lo conosco e ho anche gestito progetti in inglese, ma certo non penserete che sia in grado di scrivere simili proposizioni ipotattiche anche in altre lingue, vero?) o contattare uno che mi traduca i post in inglese? Oppure basterà mettere su la traduzione automatica? (fermi tutti, di traduzioni parleremo in prossimi post, non distraetemi con altri argomenti...)

Cerchiamo di approfondire i possibili modelli di business e i calcoli reali, poi ci pensiamo...

Possibili ingressi:
- pubblicità (AD)
- affiliate
- richiesta di donazioni
- vendita di prodotti
- richieste di consulenza
- [c'è altro?...]

Piccola digressione sulla pubblicità: pare ci sia chi si lamenta, se sul blog compaiono gli AD. Ma stiamo scherzando? E che, a casa mia non posso fare quello che voglio? Non avete pensato a quanto sarebbe più piacevole la vostra lettura, se avessi il tempo di limare questi testi, al posto che scriverli in tutta fretta, offline, in treno? Non avete pensato che se avessi dei soldini da investire sul blog potrei fornirvi informazioni straordinarie, sia per il vostro business che per i vostri momenti liberi? Calmatevi, intanto non li ho ancora messi, poi continuate a leggere, che ne riparleremo...

Il nobiluomo citato nell'abstract si chiede se tutti sono in grado di guadagnare altrettanto, dai blog. Si risponde che non ci riesce il 99% dei blogger. La mette sul piano del ci riescono solo quelli che sono in gamba (usa smart, non ho voluto infierire, con la traduzione).

Pare, inoltre, che la condizione essenziale sia quella di capire i principali meccanismi del Web (leggeteveli, non ripeterò la lista).

Interessante che non si fermi a solo quelli più semplici, noti a quasi ogni Web Designer, ma vengano citati anche database e sistemi di pagamento on-line. Chissà quanti soldi potrebbe fare chi dovesse conoscere qualche modalità di utilizzo in più di Java e architetture multilayer basate su WS, Web 2.0 e Web semantico? In effetti, tutti gli autori in lingua inglese sembrano chiarire che più si sa dei mezzi a disposizione, più è facile fare soldi... a differenza di molti manager delle nostre aziende, che sono in grado di sostenere che conoscere la materia è notoriamente un impedimento al business, - non voglio addentrarmi in questo argomento, me lo lascio per un altro giorno, quando avrò voglia di tirare un po' di scherma.

Bisogna anche fare un piano. Di business o strategico. Un piano è qualcosa che sembra che tutti vogliono evitare, di recente (per esempio, provate a nominare questa parola ad un sostenitore dei metodi di produzione di software agyle... fermiamoci ancora, sembra che non riesca a fare a meno che fare un sommario di prossimi argomenti di post, oggi).
Eppure, per quanto sia facile che un piano fallisca, come diceva qualcuno che non ricordo, è sempre meglio avere un piano che non averlo.
Almeno si prende una direzione e si vede se la si sta seguendo o se si sta andando alla deriva. E poi si cerca di cambiare il piano ed adeguarlo.

Prima di redigere il nostro, partiamo dal traffico.
Il tipo che guadagna $1000 al giorno, dichiara anche di aver avuto, al mese 1,1 milioni di visitatori e 2,4 milioni di page views.
Ovvero, circa 1 dollaro ogni 1000 visitatori o ogni 2400 page view.
Al momento il mio sito riporta un po' più di 850 visitatori al mese, se riuscissi a farlo rendere in proporzione al suo (ma sicuramente renderebbe meno, perchè il suo è certamente ottimizzato), potrei già portare a casina circa un caffè senza brioche al mese. No, a ripensarci, ci dovrei pagare le tasse, mi resta una rotella di liquirizia (dimezzeranno anche i suoi 1000 dollaroni, come capiterebbe qui, in USA?)
Acc... bisognerà fare qualcosa per migliorare...

Per cercare di capire se possiamo migliorare, iniziamo a vedere se sono numeri sensati, in Italia.

Secondo Alexa (per quello che vale, lo sappiamo, certamente misura meglio siti USA, non misura tutto, etc. etc., ma è quanto di meglio abbiamo a disposizione free - fornitemi altri indirizzi, se ne conoscete), il sito di StevePavlina, a spanne, fa dalle 6 alle 12 volte le page view di Beppe Grillo (e dalle 12 alle 24 volte quelle di Pandemia e Macchianera).
Acc... bisognerà passare ad una traduzione all'inglese? Possiamo solo sperare in un massimo intorno ai 100 euro al giorno? (che poi sarebbero tagliati a 50 dalle solite tasse?) Perdiamo 900 dollari al giorno solo perchè non sappiamo l'inglese? Credo che, se dovesse crescere il traffico, converrebbe seguirlo, quel corso (costava meno di 900 dollari al giorno, o ricordo male?)

I dati di Pavlina sono compatibili con i CPC (Cost Per Click)? Beh, abbastanza. Se immaginiamo che ci siano 10 impression per pagina, considerato che un rapporto sensato tra click e impression potrebbe essere del 2%, potremmo calcolare, su 2,4 milioni di pagine, 24 milioni di impression, 480.000 click. I CPC (pagati a chi li eroga, non a chi ne ospita la pubblicazione sul proprio blog) variano tra 0,01 a 0,5 euro circa, secondo il link sopra riportato. Stiamo parlando di un range di 4800-24000 dollari al giorno (sempre per l'erogatore). Se un 20-25% viene pagato all'autore del blog, otteniamo circa i valori che dice Pavlina). Siccome credo che le percentuali siano inferiori, per bilanciare la differenza servirà ottenere il fatturato da modalità diverse dal solo advertising. Credo.

Qualcuno mi sa dare informazioni più precise?

Secondo Pavlina il fatturato è proporzionale al traffico. Ci tocca inventare modi diversi per guadagnare con il blog?
Acc... (dobbiamo sperare nella richiesta di consulenza?)

Comunque sia, per fare traffico e guadagnarci i nostri 50 euro al giorno netti (che sono sempre 15000 netti all'anno, che, se non bastano per arricchirsi e convincerci a lasciare il lavoro, comunque potrebbero aiutare), bisogna partire creando valore. Come per ogni tipologia di vendita.
Se aveste letto, per fare un esempio, Il libretto rosso del grande venditore di Jeffrey Gitomer, ne sareste convinti e, come sto facendo io, stareste cercando di cambiare la vostra figura professionale, da tecnicaccio puro a qualcosa di vicino ad un venditore o ad un uomo marketing, cercando di regalare valore. Perchè regalando valore si ottiene valore in cambio.
E' il solito libro fuffa per i soliti creduloni? Sarà, ma a me è riuscito a vendere l'idea e quasi me ne compravo un altro, se non avessi capito che, se già riuscissi a mettere in fila i suggerimenti di quello, sarebbe comunque un buon inizio.
E non è facile, sono proprio negato per farlo, non è nel mio DNA. Ma mi hanno detto che l'homo sapiens sapiens impara, quindi cercherò di continuare a sbatterci la testa fino a che non otterrò qualcosa o mi convincerò definitivamente di non riuscirci. Per ora sono ancora convinto che sia alla mia portata. Sono il solito presuntuoso.
E comunque mi sto divertendo.

In più, a quanto pare, le impostazioni di un grande venditore, sono fortemente improntate all'etica, e questo mi piace: non sopporto quelli che cercano di vendere fumo, ammiro chi sa valorizzare le cose di valore.

Tornando al valore, credo di poter raccontare qualcosa di utile. Un po' troppa roba per ogni articolo, ma se cercate bene, vedrete che troverete anche qualcosa che vi può servire. Come in soffitta.

Su, vediamo cosa ci suggerisce il nostro amico Pavlina per incrementare il traffico: all'inizio, potrebbe essere d'aiuto un Blog Carnival. E che caspita è? Avevo sentito parlare di Blog rings, ma blog carnival... forse bisogna andare in Brasile? Ce ne saranno anche in Italia? Da una ricerca su Google non ne ho trovati (in inglese sì, in italiano no). Acc...

Ragazzi, torniamo alla considerazione di prima: se non si diventa inglesi, non si fanno i soldi.

Questo post mi ha richiesto 4 ore. Per ora può rendere qualche centesimo al mese.

Soldi facili.

Se attivassi gli AD farei contento chi sta spingendo il Web 2.0 per ottenere i vantaggi della coda lunga di cui ho già parlato, ma, salvo che abbia sbagliato i conti (niente di più facile, peraltro) anche teoricamente non mi sembra che possa essermi utile, al momento.
Non mi resta che continuare per divertimento, poi ne riparleremo tra qualche mese.

Bye
    Depa

P.S.: coscienza mia, hai ancora qualcosa da dire? Certo, lo so anch'io che se leggessi Dante sarebbe meglio di Gitomer, ma... insomma, mi lasci parlare, almeno per una volta?

[... continua ...] Leggi tutto

domenica 8 aprile 2007

Kerygma



Prima di tutto vi ho trasmesso l'insegnamento che anch'io ho ricevuto, Cristo è
morto per i nostri peccati, come è scritto nella Bibbia, ed è stato sepolto. E'
resuscitato il terzo giorno, come è scritto nella Bibbia.
[San Paolo, prima lettera ai Corinzi - 15,3-4]



La prima lettera ai Corinzi è stata scritta tra il 54 ed il 57 d.C., ma i versetti (in tutto il post uso la traduzione interconfessionale, ovvero accolta da tutte le diverse confessioni cristiane, tratta da La Bibbia in lingua corrente) fanno riferimento ad una precedente predicazione di Paolo, probabilmente avvenuta intorno al 51 d.C.

L'estratto riportato è una delle forme di Kerygma, parola con la quale gli studiosi indicano quel messaggio sintetico ed essenziale che i primi apostoli usarono per diffondere la buona notizia che avevano ricevuto da Cristo. Un messaggio semplice, se rapportato al dogma, ma fondamentale per chiarezza e contenuto.

Non sono io la persona più adatta ad approfondire il senso di queste parole: semplicemente io credo in questa testimonianza e voglio qui ricordarla.

Data la mia ignoranza in materia, mi baserò parecchio su alcuni testi.
Tra questi, ovviamente, quelli di Messori (consiglio veramente a tutti, anche ai non credenti, Ipotesi su Gesù, Patì sotto Ponzio Pilato? e Dicono che è risorto), ma anche altri approfondimenti reperibili in rete, tra cui vi segnalo, in particolare, una serie di pdf, che citano estratti di documenti molto interessanti.
Si tratta, in entrambi i casi, di approfondimenti seri e logici, senza prese di posizione enfatiche, retoriche o acritiche come se ne trovano talvolta in altri testi cattolici - pur importanti per chi crede, ingenerano spesso l'impressione di estremismo, ingenuità e forzatura in chi ha dei dubbi o negli scettici.

Un simile annuncio, individuato dagli studiosi perchè lingua e stile utilizzate non corrispondono al contesto, è ripetuto anche in altri punti del nuovo testamento, (es.: prima lettera ai Tessalonicesi, lo scritto più antico del cristianesimo, - non successivo al 52 d.C., che tramanda formule risalenti anche a 5-10 anni dopo la morte di Gesù; discorsi kerigmatici degli Atti degli apostoli: 2,14-36; 3,12-26; 4,8-12; 5,29-32; 10,34-43; 13,16-41; 17,18-31). E' segno di una testimonianza collettiva, con espressioni probabilmente concordate per una azione più corale ed efficace.

E' la testimonianza immediata (le date sopra fornite sono condivise oramai dalla quasi totalità degli studiosi, anche quelli non credenti - anzi, in alcuni casi nascono proprio dai loro studi) della resurrezione di Cristo, è, fin da subito, la base fondante del cristianesimo.

Testimonianza rilasciata all'interno della società ebraica, in una cultura ed un periodo storico che mettono in grossa difficoltà chi ritiene che la figura di Cristo sia stata totalmente inventata (scuola mitica) o, comunque, divinizzata posteriormente, a partire da una vicenda storica (scuola critica).
In breve, la difficoltà nasce dal fatto che non ci sarebbero i tempi minimi perchè si possano, storicamente e logicamente, creare i presupposti previsti dalle due scuole - non per nulla sia la scuola critica che quella mitica cercano di posizionare il più possibile lontano dalla data della crocefissione ogni testo cristiano.

Ribadisco ancora, apposta, - non sto facendo ripetizioni per errore, è voluto - il fatto che di testimonianza si parla.

Su questo, infatti, Paolo di Tarso insiste ancora nei versetti seguenti:

ed è apparso a Pietro. Poi è apparso ai dodici apostoli, quindi a più di cinquecento discepoli riuniti insieme. La maggior parte di essi è ancora in vita, mentre alcuni sono già morti. In seguito è apparso a Giacomo, e poi a tutti gli apostoli. Dopo essere apparso a tutti, alla fine è apparso anche a me
[San Paolo, prima lettera ai Corinzi - 15, 5-8]
Paolo sta cercando di evidenziare questo aspetto di testimonianza, enumerando i possibili testi a favore. Non uno o due, ma centinaia.
La maggior parte di essi vive ancora, potete chiederglielo direttamente.

Cristo (l'unto scelto da Dio per una missione per il popolo, il messia atteso dagli Ebrei) è morto ed è risorto.

Ed è apparso a Kefa, poi ai Dodici, poi ad altri 500, poi a Giacomo, agli altri apostoli (oltre ai dodici, quanti erano?), poi a Paolo (e certamente omette o non conosce altre possibili testimonianze, come, per es., quella di Cleopa e dell'altro discepolo di Emmaus - Luca: 24, 13-35).
Si noti che apparve è usato in senso di comparsa oggettiva, non nel senso di visione, in questo testo.

Noi accettiamo le testimonianze come prove giuridiche.
In questo caso le apparizioni si sarebbero ripetute in tempi diversi, su persone diverse (poi... poi... poi...) e avrebbero interessato lo stesso Paolo, che, pure, prima aveva partecipato alla persecuzione dei cristiani e, in particolare, al martirio di S.Stefano (Atti degli apostoli - 7, 54-60; 8,1-3; 9,1-2), tanto che i cristiani non si fidarono subito di lui (Atti - 9,13-14; 9,21; 9,26-27).
Un testimone scomodo.

Il kerygma è la base della testimonianza della resurrezione (Amore più forte della morte, più forte del male, come ha ricordato il papa nella veglia pasquale) dell'Uomo che aveva il potere di accettare di prendere su di sè i nostri peccati, pagarli per noi con la propria sofferenza e con la propria vita, per poi riprendersela, essendo anche Dio.

Bye
    Depa

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venerdì 6 aprile 2007

Joost Jump



Forse quelli di Babelgum hanno paura di una recensione come quella di qualche giorno fa su Democracy Player, visto che hanno completamente finto di ignorare la mia richiesta di partecipare alla beta. Forse pensavano che un giudizio tecnico di livello, come quello già fornito per Joost fosse ancora troppo prematuro. Forse volevano solo evitare un confronto?

Tutti quelli tra voi che hanno detto che semplicemente non si saranno accorti della mia esistenza (e figurarsi se hanno letto i post) possono anche fare il favore di andarsene subito, tanto non siamo mai stati amici.

Per gli altri fornirò un ulteriore approfondimento su Joost, assolutamente necessario dopo l'uscita, 3-4 giorni fa, della beta 0.9, seguita immediatamente dalla 0.9.1: nonostante abbiano peggiorato l'accesso al sito, che ora si riesce a non utilizzare in 3 modi differenti a seconda che usiate IE, Firefox o Opera, dal client si ottengono nuovi contenuti e funzionalità migliorate.

Hanno fornito anche informazioni aggiuntive, molto interessanti, relative a quali canali sono al momento previsti in quali paesi.

Un bel salto, qualcosa che giustifica veramente il cambiamento di numerazione nella release.



Iniziamo col dire che lo so da me che non va mica bene passare troppo tempo di fronte alla TV e che sarebbe meglio andare a fare dei giri, soprattutto potendo sfruttare una residenza tra le Alpi ed il lago Maggiore.
A mia parziale discolpa (o forse, al contrario, a peggiorare la situazione), lo sapete anche voi che quando torno a casa, non riesco a fare a meno di completare le 12 ore di lavoro con altre 4 a vagolare tra la programmazione ed la navigazione sul Web, probabilmente a causa di qualche virus che ha risparmiato il mio PC, ma non me.

Quindi, torniamo a Joost.
La prima e fondamentale nota riguarda il numero di canali, che sono passati da 38, a 37 nei giorni immediatamente successivi al mio precedente post, ai 67 negli ultimi due giorni. E' comparso, chi mai avrebbe potuto immaginarlo, anche un canale di calcio (ve lo dico anche se a me non interessa, perchè so che c'è gente che lo segue).

Soprattutto ora ci sono anche contenuti che mi interessano decisamente di più, dagli hobby (chitarra, disegno, etc.), alla fantascienza, alla cucina.

Anzi, dopo aver finito questo post, ricordatemi che devo finire il programma che spiega alcuni giochi di prestigio, che ho iniziato ieri e ho dovuto lasciare subito perchè dovevo finire un lavoro.
Ho potuto farlo a cuor leggero perchè, finalmente, è possibile saltare i pezzi già visti, spostando avanti un cursorino. Raggiungere il punto di interesse non è immediato, dicono che ci stanno lavorando, ma è già buono, quando si arriva a metà di un programma di due ore e non si vuole rivedere la prima. Cursore a parte, in realtà, secondo quanto ho letto, dovrebbe ripartire addirittura da dove ho spento. Sperem...

Anche l'organizzazione è migliorata, con comparsa di categorie e guide maggiormente configurabili.

Rispetto alle prove di qualche settimana fa, però, ieri sera, a mezzanotte, era quasi inguardabile per quanto andava a scatti e una volta ho dovuto agire con la forza (taskmanager). Stasera riprovo per capire se si trattava di problema della nuova 0.9.1 o semplicemente di orario - forse troppe persone collegate? a mezzanotte da noi, negli USA intorno delle 17:00: potevano essere sotto stress i server. Sarebbe anche possibile se tutti hanno ricevuto, come me, 5 inviti da dare in giro agli amici: partendo dai precedenti 80.000 beta tester, si arriverebbe a 400.000 ed inizia ad essere un bello stress-test.

Sempre un po' deludente, anche se un filo meglio della volta scorsa, l'aspetto widget. Questa è l'area su cui mi sembra stiano annunciando future evoluzioni.
E, da bravi informatici, attendiamo di vedere cosa si potrà fare con le API che dovrebbero pubblicare a breve.

Nel frattempo, più lo guardo più lo vedo come concorrente della TV tradizionale e non scambierei la libertà (fin troppa, a volte) e la freschezza di YouTube con la qualità offerta da Joost, ma secondo schemi troppo consueti.

Bye
    Depa

P.S.: qualcuno di voi ha un invito per Babelgum? A me non interessano veramente i programmi: mi piace giocare con le novità.

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mercoledì 4 aprile 2007

Esagoni e carte



Il 29 maggio 1848 la ritirata strategica piemontese nella battaglia di Curtatone Montanara è stata il presupposto per la seguente più importante vittoria nei pressi di Goito. Grazie anche al valore degli Universitari delle università di Bologna, Ferrara, Modena, Padova, Parma, Pavia, Pisa, Siena e Trieste (ho studiato a Pavia e l'Università chiude per commemorare i caduti in quella battaglia, ricordati anche con una gara di canottaggio tra Pavia e Pisa).

Ovviamente state giustamente pensando che la mia immensa cultura non ha limiti ed anche sulla storia me la cavo mica male.
Farò finta di non sentire il borbottio di fondo dei soliti pochi riguardo a fantomatiche mie ricerche a caso sulla Wikipedia e conseguente ricamarci sopra per scrivere un post (è inutile che neghiate, quando non avete neppure il coraggio di guardarmi negli occhi).

Siccome tengo molto alla vostra educazione, vi risponderò con i fatti, fornendovi qualche informazione aggiuntiva e dimostrandovi le mie solidissime basi.
Condivise, peraltro, anche da personaggi illustri come Leopardi (e ogni critico onesto non potrà che convenire) quando associava gli studi leggiadri alle sudate carte, riferendosi, come sto per fare io, proprio al tempo passato a giocare ai wargame.



Giocare o imparare?
Finchè si è piccoli il primo è propedeutico al secondo.
Crescendo, il secondo fornisce una buona scusa al primo (quando, ovviamente, non ci si aliena su Second Life per garantire una decente vita sociale al nostro avatar e con il solo illusorio conforto che anche lì si parli di cultura, quando il marketing pensa di tirare in ballo personaggi risorgimentali).

Quelli tra noi che, diventando più grandicelli, hanno cercato ancora di giocare con i soldatini, infatti, hanno pensato bene di confermare le teorie evolutive relative all'homo ludens mettendosi a studiare la storia, le evoluzioni delle divise (competenza immancabile nel bagaglio di ogni grande artista che voglia dipingere personalmente i propri modellini), le tattiche di guerra.

Arrivando pure a leggere quel von Clausewitz che mio padre, generale dell'esercito italiano, ricordava con terrore dai tempi della Scuola di Guerra, sostenendo che, come mattone, Della Guerra nulla avesse da invidiare alla Critica della ragion pura di Kant. Per completezza di cronaca e onestà intellettuale non possiamo dimenticare che quelli che cercavano le proprie radici filosofiche nell'estremo oriente, preferivano, invece, i famosi detti di Sun Tzu.

Entrambi, tra l'altro, riutilizzabili nella seguente (o parallela) vita lavorativa, come citazioni da giocarsi quando si parla di mercati da conquistare o azioni di marketing (disciplina che desume molta della propria terminologia proprio da quella militare) o quando si deve definire un piano di progetto di emergenza.
L'evoluzione delle divise continua e credo che sia quasi banale sostenere che le cravatte e le giacche debbano rientrare a giusto titolo in questo elenco.

Si può giocare ad un wargame anche senza preoccuparsi della storia (quando, addirittura, non si devia, come con Warhammer, sul fantasy: bisogna studiare meno, i testi di riferimento sono più facili, per puro caso richiamano vagamente i film ed i gadget che si stanno vendendo su altri canali, etc. etc.).

Ma se non ti crei un background solido (e questo vale anche per ambientazioni fantasy), non sarai mai un vero giocatore e smetterai certamente alle prime difficoltà (a pag. 10 del manuale di istruzioni, dove iniziano a comparire le tabelle dei costi di movimento ed i concetti di ZOC - ZOna di Controllo - o simili).
Nascondere il tedio del calcolo e della continua consultazione sostituendo le tabelle con dei videogame non serve a molto per continuare, se non studiate anche l'ambientazione, le circostanze di contorno alla battaglia. E il suo esito, ovviamente, per cercare di ribaltarlo: se vinciamo a Waterloo nei panni di Napoleone, non battiamo solo il duca di Wellington, ma, ben più importante, lo stratega per eccellenza stesso, ancora una volta, sul quello stesso campo - il fatto che lui non vedesse il tavolo dall'alto, che non potesse ripetere 10 volte la battaglia prima di vincerla e che si trovasse di fronte un altro vero generale e non il nostro amico, notoriamente un inetto a questo gioco, sono solo scuse meschine che da una persona del livello di Napoleone, davvero, non ci saremmo mai aspettati di sentire).

Chi riesce a darsi delle motivazioni in questo senso diventa un grognard (ovvero un giocatore di wargame, in una accezione che tende a sottolineare una certa esperienza): non un guerrafondaio, ma un giocherellone serio e colto, sostenitore della sostanza.
Se fosse un amante della forma gli sarebbe inacettabile poter passare le giornate davanti a quadratini di cartone di mezzo centimetro di lato, con simboli elementari al posto di disegni e numerini sopra e sotto (è accettabile sostituire i quadratini di cartone con delle figure tridimensionali colorate, ma solo per maggior rigore storico o per rendere più realistica la ricostruzione).

Il grognard è anche un tipo preciso: le unità si muovono su esagoni, nelle 6 direzioni indicate dai lati, perchè con questi poligoni è possibile riempire completamente un'area (il tavolo da gioco) senza lasciare buchi e garantendo che dal centro di un esagono al centro dell'altro sia costante la distanza. Per simulare maggiormente alla realtà è possibile permettere alle unità di muoversi in ogni direzione solo laddove ci si accordi per procurarsi un metro flessibile per controllare inflessibilmente le distanze misurate.

Un hobby a tutto tondo, quindi, che permette non solo di crescere nella cultura della storia e dell'arte, ma di bilanciarle con la precisione di matematica e geometria.

Chiaramente, se ora non vi raccontassi che anche Internet deve essere considerato terreno di conquista e fonte di ulteriore conoscenza dovreste controllare bene il titolo del blog per verificare di non essere stati rediretti altrove.

E' facile, partendo da Web Grognard, trovare i link che permettono di fornire le basi per gestire combattimenti navali nell'800, per poi trovarsi ad approfondire i dettagli storici su Line of Fire di History Channel per ricordare l'ingegno, il coraggio e l'estremo saluto di Nelson nella battaglia di Trafalgar, che chiarì a tutti cosa voleva dire la supremazia inglese sui mari per quasi un secolo.

Potete sfruttare la macchina del tempo e rispolverare il valore degli antichi, prima della polvere da sparo, recuperando le regole classiche di Ancients, basate su esagoni, ed i diversi scenari (mai venuta voglia di evitare che Orlando cerchi di spezzare Durlindana alla fine della battaglia di Roncisvalle, prima di morire?).

Ce ne sono tanti altri, di link simili (quasi tutti reperibili da Web Gognard), ma il punto è che da anni, oramai, vivo in una città diversa da quella in cui risiedono gli amici che mi piaceva affrontare su questi campi.
Ma, ancora una volta, il Web, la piattaforma che, di mestiere, mette in contatto persone lontane, potrebbe venire in aiuto. Per esempio con Vassal, sistema che permette di ridefinire un intero board game su PC e trasmettere i nostri spostamenti sugli esagoni via email (no, non in diretta: stiamo giocando con tempi lunghi, le mosse possono richiedere anche mezz'ora, la mail è lo strumento corretto).

Certo, oltre alla lontananza non ho più neppure tutto tutto il tempo che avevo ai tempi del liceo o dell'Università. Leopardi, da suo pari, già aveva capito la risposta al problema: è, infatti possibile ricorrere a wargame più rapidi e facilmente trasportabili, usando, come il poeta rimembrava a Silvia, (mazzi di) carte (che sarebbe meglio non fossero sudate, perchè rischierebbero di essere riconoscibili come se fossero segnate, come potrebbe notare subito qualche giocatore più esperto).

Anche in questo caso esiste uno specifico programma che ci permette di giocare via Internet, Thoth, con carte predefinite o regole facilmente rintracciabili (es: Hoplites) dalle quali lasciarsi ispirare per disegnarne di nostre.

Ci sono battaglie perse in partenza e anche questo espediente delle carte non basta più per i miei pochi istanti di libertà.
Forse, sintetizzando un po' questi post potrei tornare a giocare...

Chi di voi ha detto che prima sarebbe meglio vivere che giocare?

Bye
    Depa

P.S.: se siete in viaggio e non sapete cosa fare, esistono anche carta e penna e un altro po' di regole che potrete trovare, per es., presso il sito di Warp Spawn Games.

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